Interessanti novità dalla Cassazione Penale in materia di incidenti stradali e soccorsi ai feriti, oggetto della sentenza n. 26012/2023.
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione lamentando la violazione degli artt. 192 e 546 c.p.p., per difetto di qualsivoglia prova, nonché manifesta illogicità della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del dolo eventuale con riguardo al reato di cui all’art. 189, commi 6 e 7, C.d.S; secondo l’imputato, era illogico affermare che egli si era fermato dopo l’impatto e, al contempo, ritenerlo responsabile del reato ascritto: l’automobilista “tamponante” ha asserito di non essersi reso conto di aver provocato un incidente idoneo ad arrecare lesioni, considerato che il proprio veicolo aveva subito danni lievissimi e l’urto era stato minimo. Nel caso di specie, i giudici del merito avrebbero dovuto chiarire se la situazione di pericolo scaturita dal tamponamento provocato dall’imputato fosse stata dal medesimo immediatamente percepita o percepibile, posto che la persona offesa, dopo il tamponamento, era scesa dall’auto per ottenere le generalità dell’uomo senza fare alcun cenno ad un mal di testa, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di cui all’art. 189, comma 7, cod. strad., per un nuovo giudizio sul punto.
La Cassazione ha chiarito che il reato di fuga previsto dall’art. 189, comma 6, C.d.S. è un reato omissivo di pericolo nel senso che, affinché si configuri una fattispecie del genere deve essere necessario il semplice dolo, ovvero l’intenzione di voler mantenere una determinata condotta. Il co. 7 al contrario sanziona una condotta diversa, ovvero, quella del conducente che non si ferma per prestare assistenza nei confronti di persone ferite. In tale ulteriore fattispecie, è richiesto invece un ulteriore e diverso grado di dolo – vale a dire il c.d. “Dolo eventuale”: occorre che un determinato pericolo debba essersi concretizzato in effettive lesioni dell’integrità fisica delle persone coinvolte nell’incidente. Tuttavia gli Ermellini osservano che “se la motivazione della sentenza impugnata appare ‘incensurabile’ con riguardo alla consumazione del reato di fuga di cui al comma 6 dell’art. 189 C.d.S., non altrettanto può dirsi relativamente alla inottemperanza all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente, di cui al comma 7 della medesima disposizione, con particolare riferimento alla consapevolezza, in capo all’imputato, delle conseguenze fisiche subite dalla persona offesa”,
Il bene tutelato dalla norma in questione è da individuarsi con riferimento ad un bene di natura superindividuale, quello della solidarietà sociale; nella materia della circolazione stradale, il legislatore ha introdotto, come si evince dal tenore dell’art. 189, comma 1, C.d.S., la presunzione che il verificarsi di un incidente determini una situazione di pericolo e ha, conseguentemente, individuato nei soggetti coinvolti nel sinistro i titolari della posizione di garanzia, imponendo loro l’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza. Si tratta, in sostanza, di reato istantaneo di pericolo, il quale ultimo va accertato con valutazione ex ante e non ex post; il reato in esame trova, dunque, il suo fondamento nell’obbligo giuridico di attivarsi previsto dall’art. 189, comma 1, C.d.S. La Suprema Corte ha annullato la sentenza della Corte d’Appello limitatamente al resto di cui all’art. 189/7 andando a sottolineare la circostanza che l’imputato in alcun modo poteva avvedersi della situazione di pericolo, in quanto è stata la persona coinvolta nel sinistro ad uscire dall’automobile per accertarsi delle condizioni dell’uomo e per ottenere le sue generalità. Nel caso di specie, i giudici del merito avrebbero dovuto chiarire se la situazione di pericolo scaturita dal tamponamento provocato dall’imputato fosse stata dal medesimo immediatamente percepita o percepibile.
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