Novità applicative della Riforma Cartabia sull’elezione di domicilio sono contenute nella sentenza Cass. Civile n. 41858/2023.
L’avvocato ha eccepito dinanzi alla Cassazione la falsa applicazione del 581 c.p.p., così come applicato dai giudici di appello i quali avevano rilevato la nullità dell’atto di impugnazione per mancata elezione di domicilio dell’imputato. Assume il ricorrente che a nulla rileva la mancata elezione in ordine a 2 circostanze: in primis, l’imputato era sottoposto a detenzione agli arresti domiciliari, in secundis l’imputato era presente nella lettura del dispositivo della sentenza ragion per cui ammetteva l’irrilevanza dell’elezione di domicilio.
I giudici hanno affrontato la questione partendo dall’analisi della novatio normativa ad opera del D. Lgs. 150/2022 (cosiddetta “Riforma Cartabia”), la quale si metterebbe in contrasto con l’art. 157 c.p.p. (sempre novellato) secondo cui se l’indagato non è detenuto le notificazioni sono eseguite con le forme della prima notifica mediante consegna di copia.
In particolare, secondo la Suprema Corte, lo stato di detenzione dell’imputato al momento del deposito dell’atto di impugnazione non consente di fare ritenere non applicabile la previsione in esame, sia perché la norma nulla ha previsto in tal senso, sia perché una interpretazione che ravvisasse una incompatibilità logica tra la disposizione di cui all’art. 581 c.p.p., comma 1-ter e le disposizioni che governano il procedimento notificatorio nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari non terrebbe conto delle possibili modifiche dello stato detentivo dell’impugnante successivamente al deposito dell’atto di appello.
Ne consegue, secondo la Cassazione, che la Corte territoriale aveva correttamente dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto avverso la sentenza pronunciata dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, in assenza della dichiarazione o elezione del domicilio, trattandosi di adempimento a pena di inammissibilità.
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