LA CARTELLA ESATTORIALE SI PRESCRIVE IN CINQUE ANNI

Con la sentenza n. 5815/2018, pubblicata il 06/07/2018, il Tribunale di Roma – sezione Lavoro ha accolto il ricorso di un privato cittadino, assistito dallo Studio Rienzi, contro 8 cartelle esattoriali (notificate nel periodo che va dal 5.2.2008 sino al 18.12.2009), confermando il principio secondo cui anche in caso di cartella non opposta, e quindi divenuta definitiva, il termine di prescrizione resta quello quinquennale.

I fatti: nel corso del procedimento – risalente ormai a qualche anno fa – una volta esclusa qualsiasi tardività per violazione delle norme del codice di rito e nonostante Agenzia delle Entrate-Riscossione abbia provato di avere ritualmente notificato queste cartelle e che gli atti abbiano raggiunto il loro scopo, è emersa la mancanza di atti interruttivi prima dell’intimazione di pagamento notificata il 19.12.2017: quindi, a prescrizione quinquennale (ampiamente) maturata.

Sul punto è noto che diverse sentenze della Suprema Corte (Cass. n. 4338 del 24/2/2014; Cass. n. 11749 del 8/6/2015; Cass. n. 5060 del 15/3/2016 ecc.), hanno affermato che il termine di prescrizione da applicare è quello decennale e non quello quinquennale:

“a mente dell’art. 3, comma 9, legge n. 335/95, il termine di prescrizione per la contribuzione previdenziale di che trattasi è fissato in cinque anni;….deve però considerarsi che, secondo quanto reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al dlvo n. 46/99, il termine per proporre opposizione alla pretesa contributiva, che dall’art. 24 dello stesso decreto è fissato in quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, deve ritenersi perentorio, perché diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo (cfr, ex plurimis, 14692/2007; 17978/2008; 2835/2009; 8931/2011); – ne consegue che, una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell’opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi; riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio iudicati ai sensi dell’art. 2953 cc), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 cc (cfr, per arg., Cass., n. 17051/2004, in motivazione)”.

La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite che, con la sentenza n. 23397/2016, hanno invece ribaltato il quadro, affermando il principio esattamente opposto: anche in caso di cartella non opposta, e quindi divenuta definitiva, il termine di prescrizione resta quello quinquennale. Il giudice Umberto Buonassisi del Tribunale di Roma non ha potuto quindi che uniformarsi a questa ultima sentenza, dichiarando l’intervenuta prescrizione relativamente ai crediti cui si riferiscono le cartelle impugnate. Ne consegue che Agenzia delle Entrate-Riscossione non abbia avuto diritto a procedere esecutivamente rispetto ai predetti crediti: un ottimo risultato per lo Studio, con la piena soddisfazione del protagonista della vicenda!


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