La vicenda di Antonio La Porta, il sacrista del Santuario di San Pio, sembra uscita da un film, ma è reale. Dopo ben 22 anni di lavoro e un’intensa attività sindacale, La Porta è stato licenziato dalla Fondazione San Pio da Pietrelcina. La causa? La sua battaglia per ottenere, attraverso l’azione sindacale, l’adeguamento del Contratto collettivo nazionale del lavoro. Una vittoria di cui hanno beneficiato tutti i lavoratori della Chiesa; ma che, evidentemente, non è stata presa bene dalla Fondazione.
La storia, però, non finisce qui. Perché a La Porta, ora, ha dato ragione il Tribunale di Foggia – Sezione Lavoro, giudice Ivano Caputo – stabilendo che il licenziamento era “ingiusto” e “ritorsivo”, con l’ordine di reintegrare il lavoratore e risarcirlo (con cinque mensilità arretrate). Il giudice ha evidenziato l’assenza di giusta causa e la vendetta per il suo impegno sindacale. Il licenziamento, infatti, è stato giudicato un atto pretestuoso, scattato subito dopo una sua intervista al Corriere della Sera in cui parlava dei successi sindacali.
Una vicenda che ha avuto un’eco inattesa: forse perché, sindacalista sotto il manto sacro, La Porta ha vinto non solo per sé, ma per tutti quei lavoratori che, come lui, credono nella giustizia sociale. Una lezione che ci ricorda che anche nei luoghi più tradizionali, il cambiamento è possibile..
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