Gela, Cassazione: no al risarcimento per inquinamento

Con l’ordinanza n. 13294 depositata il 20 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da un cittadino nato con una malformazione congenita, che attribuiva la causa della propria patologia alle immissioni nocive provenienti dal petrolchimico di Gela.

La sentenza conferma le decisioni dei giudici di merito e mette in luce le difficoltà di dimostrare, in sede giudiziaria, il nesso causale tra inquinamento ambientale e danni alla salute.

La vicenda giudiziaria

Il ricorrente, affetto da ipo-agenesia trasversa dell’arto superiore sinistro, aveva citato in giudizio Eni, Raffineria di Gela ed Eni Rewind (già Syndial), sostenendo che la sua condizione fosse riconducibile all’esposizione a sostanze tossiche emesse dagli stabilimenti industriali della zona.

Tuttavia, sia il Tribunale di Gela sia la Corte d’Appello di Caltanissetta avevano già rigettato la domanda, sottolineando la mancanza di prove scientifiche o statistiche che attestassero un collegamento diretto tra l’inquinamento e la malformazione.

Le motivazioni della Cassazione

Nella sua ordinanza, la Suprema Corte ribadisce che, in assenza di una certezza scientifica o di una preponderanza dell’evidenza, non può essere riconosciuto un nesso causale tra gli effetti dell’inquinamento e una malattia a eziologia multifattoriale.

Inoltre, come riportato dalla stampa, nessun dato statistico ha dimostrato un’incidenza anomala di malformazioni congenite nell’area interessata rispetto ad altre zone.

La Corte sottolinea anche che, in mancanza di ulteriori elementi, non si può escludere l’incidenza di altri fattori ambientali, come l’uso di pesticidi.

Una sentenza che fa riflettere

Questa decisione giudiziaria mostra quanto sia complesso, nei casi di danno sanitario legato all’inquinamento industriale, ottenere riconoscimento e risarcimento.

Il caso di Gela si inserisce in un contesto storico delicato, segnato da anni di denuncia e preoccupazioni ambientali da parte della popolazione e delle associazioni. Tuttavia, come spesso accade in ambito giudiziario, la prova del danno richiede standard molto elevati, specie quando si tratta di patologie con cause potenzialmente molteplici.


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