Garlasco: una parola che, a distanza di quasi vent’anni, continua a evocare una ferita profonda nella memoria collettiva italiana. Un caso di cronaca che torna ciclicamente sulle prime pagine, tra nuove ipotesi e antiche ferite, riportando sotto i riflettori la famiglia di Chiara Poggi, costretta ancora una volta a rivivere un dolore che non si è mai davvero sopito. Dietro ogni notizia, ogni supposizione e ogni processo, c’è una tragedia vera: una vita spezzata, un lutto che non smette di chiedere rispetto. E proprio il rispetto – verso le vittime, verso la verità, verso la giustizia – è ciò che rischia di perdersi quando la cronaca (nera) si trasforma in spettacolo.
Il delitto
Il 13 agosto 2007, nella villetta di famiglia a Garlasco (Pavia), viene trovata senza vita Chiara Poggi, 26 anni, uccisa da un’arma contundente mai (ufficialmente) rinvenuta. Dopo anni di indagini e processi, Alberto Stasi, all’epoca fidanzato della vittima, è stato condannato in via definitiva nel 2015 a 16 anni di reclusione. Ma la vicenda non è mai davvero finita. Nel marzo 2025, il nome di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara, è stato iscritto nel registro degli indagati sulla base di nuove analisi genetiche. Una notizia che ha riacceso il clamore mediatico, spesso – va detto – più interessato al sensazionalismo che alla sostanza dei fatti.
Cronaca, spettacolo e.. rispetto
Come spiega Vincenzo Rienzi, giurista e osservatore delle dinamiche mediatiche: “Un caso di cronaca non può diventare spettacolo: il diritto all’informazione non può mai calpestare il diritto al rispetto”.
Il diritto di cronaca è un pilastro della democrazia, ma non è un diritto assoluto: deve convivere con la tutela della privacy, con il principio di presunzione di innocenza e con la dignità delle persone coinvolte. La spettacolarizzazione della giustizia rischia di distorcere la percezione pubblica, trasformando l’informazione in intrattenimento.
L’articolo 329
A ricordarci che il limite non è solo morale, ma anche legale, è l’articolo 329 del Codice di Procedura Penale, che impone il segreto sugli atti di indagine. Diffondere elementi coperti da segreto istruttorio o parziali ricostruzioni può compromettere l’integrità delle indagini e minare la fiducia nella giustizia. Il rispetto di questa norma non limita la libertà di stampa: ne garantisce la serietà. Serve a evitare che la ricerca della verità venga sostituita dalla corsa allo scoop, e che la cronaca nera si trasformi in una narrazione seriale, fatta di sospetti e opinioni prima ancora che di prove.
Un dolore che non si spegne
Mentre esperti di ogni tipo si affannano per dire la propria, mentre ognuno propone una diversa soluzione per spiegare il delitto, c’è un fattore che spesso passa di mente: ed è una dimenticanza grave, per figure professionali anche di alto livello. Ogni volta che il nome di Chiara Poggi torna sui giornali, la sua famiglia rivive un dolore che non si dovrebbe mai rinnovare. Ci sono ferite che non chiedono clamore, ma silenzio; non opinioni, ma rispetto. È su questo confine fragile – tra il diritto a sapere e il dovere di rispettare – che si misura la maturità di una società e di chi la informa.
Lo Studio Legale Rienzi si occupa da quasi 50 anni di diritto: le conoscenze e l’esperienza maturata nel corso degli anni ne fanno una delle boutique Law Firm più prestigiose del Paese. Lo Studio è in grado di attivare un team integrato di professionisti che possono offrire una consulenza completa per ogni tipo di esigenza. In caso ci sia necessità di una consulenza, è possibile contattarci direttamente sul web oppure tramite il numero 0637353066.
