Con una pronuncia che sta già facendo discutere, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8 della legge 40/2004, nella parte in cui non consente il riconoscimento alla nascita della madre intenzionale, ossia della donna che ha condiviso il progetto genitoriale con la madre biologica, nell’ambito di una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) effettuata all’estero.
La decisione riguarda i figli nati in Italia da coppie omogenitoriali femminili che hanno fatto ricorso alla PMA in conformità alle leggi del Paese in cui è stata praticata.
Cosa ha stabilito la Corte
Nel comunicato ufficiale si legge che: “L’articolo 8 della legge sulla fecondazione assistita, la numero 40 del 2004, è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che anche il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) abbia lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale.”
Il cuore della sentenza è la tutela dell’interesse del minore, che – secondo la Corte – viene compromesso se non gli viene riconosciuto sin dalla nascita lo stato di figlio nei confronti di entrambi i genitori.
- Viola l’articolo 2 della Costituzione, che tutela il diritto all’identità personale e a una condizione giuridica certa e stabile;
- Viola l’articolo 3, per l’irragionevolezza di una disciplina che esclude un riconoscimento senza giustificazioni costituzionali;
- Viola l’articolo 30, che riconosce al minore il diritto a ricevere cura, educazione e assistenza da entrambi i genitori.
Un principio di responsabilità condivisa
La Corte sottolinea che: “La dichiarazione di illegittimità costituzionale si fonda su due rilievi: la responsabilità che deriva dall’impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla PMA; la centralità dell’interesse del minore a che i diritti nei confronti dei genitori valgano anche nei confronti della madre intenzionale.”
L’impossibilità di essere riconosciuto figlio fin dalla nascita – prosegue la sentenza – lede il diritto del minore a una relazione affettiva ed educativa piena con entrambe le figure genitoriali, inclusi i rapporti familiari più ampi, come quelli con i nonni e i parenti della madre intenzionale.
Le reazioni alla sentenza
Molte associazioni e operatori del settore hanno accolto la decisione con favore, definendola un passo avanti importante per i diritti dei minori e la parità genitoriale nelle famiglie omogenitoriali.
Critiche sono invece arrivate da associazioni come Pro Vita & Famiglia, che in una nota ha definito la sentenza una “bugia esistenziale” per i bambini, affermando che essa comprometterebbe il diritto dei figli ad avere un padre e una madre, e minerebbe la stabilità del modello di famiglia naturale.
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