L’AGGANCIO A UNA CELLA TELEFONICA NON ATTESTA LA POSIZIONE DELL’IMPUTATO

La V Sezione della Corte di Cassazione penale, pronunciandosi su un ricorso proposto contro una sentenza che confermava la condanna inflitta ad un imputato per il reato di rapina aggravata e di omicidio preterintenzionale, con sentenza n. 12771/2023 accoglie la tesi difensiva secondo la quale il solo elemento costituito dall’aggancio del cellulare dell’imputato alla cella situata nei pressi dell’abitazione delle vittime era insufficiente a fondare la condanna.

La Suprema Corte ha affermato il principio secondo cui le indicazioni fornite dal segnale captato – tramite il c.d. positioning, vale a dire la localizzazione mediante il tracciamento telefonico e l’individuazione della cella agganciata – non consentono la precisa localizzazione dell’utenza abbinata ad un apparecchio telefonico mobile, dal momento che sussistono grossi margini di errore. Bisogna infatti tenere in considerazione che ogni cella si riferisce a una specifica porzione di territorio, all’interno della quale è collocata un’antenna capace di recepire il segnale del telefono che si venga a trovare in sua prossimità; ma, poiché il segnale è ricevuto con differente intensità a seconda della vicinanza ad una cella o ad un’altra, è possibile statuire soltanto in modo impreciso la posizione del telefono che emette il segnale. Ne consegue quindi che le indicazioni che derivano dal segnale intercettato dalla cella non consentono la precisa localizzazione dell’utenza abbinata ad un apparecchio telefonico mobile, dal momento che esistono margini di errore anche di centinaia di metri, se non addirittura di chilometri. Data questa incertezza, l’affermazione della presenza in un determinato luogo del possessore del dispositivo richiede inevitabilmente ulteriori elementi  in grado di dimostrare la sua effettiva presenza fisica in quello stesso luogo, capaci di escludere che il dispositivo fosse nelle mani di qualcun altro e precisare l’esatta posizione all’interno dell’area a cui si riferisce la cella. La decisione della Corte di Cassazione si contrappone ad indirizzi interpretativi che trascurano i margini di errore che sono insiti in tale tecnica.


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