NON È PUNIBILE LA COLTIVAZIONE DOMESTICA DI CANNABIS PER USO PERSONALE

La coltivazione di una piantina di cannabis nel cortile di casa, in assenza di altri elementi che possano dimostrare un’attività di spaccio, dimostra l’uso esclusivamente personale: e questo anche se la piantina è alta 1,60 metri e se ne possono ricavare 160 dosi. Lo ha precisato la sesta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 11901/2023.

La sentenza in esame ha una portata rivoluzionaria pari a quella della “sentenza Caruso” (Sez. U. n 12348/2019), che ha segnato una tappa cruciale in ambito giurisprudenziale riguardo la coltivazione ad uso personale di una pianta di cannabis.

La prima sentenza ad aprire alla nozione di “coltivazione ad uso personale” fu proprio la “sentenza Caruso”, che tramite l’adozione di parametri oggettivi ha creato un discrimine giurisprudenziale sulla nozione di coltivazione penalmente non rilevante, e coltivazione penalmente rilevante. Tra i requisiti oggettivi ricostruiti dalla “sentenza Caruso”, troviamo anche quello “del modestissimo prodotto ricavabile”.

All’interno della sentenza 11901/2023 vengono citati tutti i requisiti che deve avere questa determinata condotta per non essere penalmente rilevante a parte quello del “modestissimo prodotto ricavabile”; così facendo i giudici della Suprema Corte hanno esteso la portata della “sentenza Caruso”, altrimenti applicabile solo ai rari casi in cui il coltivatore, per incapacità propria o per disfunzioni intrinseche della pianta, abbia ottenuto uno scarso risultato. I giudici hanno infatti rilevato “che tale parametro, per poter operare con sufficiente certezza, deve essere ancorato a presupposti oggettivi – in parte già individuati dalla giurisprudenza – che devono essere tutti compresenti, quali: la minima dimensione della coltivazione, il suo svolgimento in forma domestica e non in forma industriale, la rudimentalità delle tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, la mancanza di indici di un inserimento dell’attività nell’ambito del mercato degli stupefacenti, l’oggettiva destinazione di quanto prodotto all’uso personale esclusivo del coltivatore, essendo per contro insufficiente la circostanza che la coltivazione sia intrapresa con l’intenzione soggettiva di soddisfare esigenze di consumo personale“.

Da qui può ripartire la “revisione” di questi principi che spesso non coincidono con la realtà fattuale; l’aver imposto, nella “sentenza Caruso”, il dato oggettivo “del modestissimo prodotto ricavabile”, molto spesso, precludeva la strada per l’utilizzo difensivo di questa sentenza rivoluzionaria. Ora con questa nuova sentenza, potrebbe aprirsi un nuovo spiraglio di revisione per accertare la rilevanza penale delle condotte poste in essere dai cittadini.