38 anni in prigione da innocente: il caso sconvolgente

Una notizia incredibile, che ha fatto il giro del mondo: il 13 maggio 2025 la Corte d’Appello di Londra ha annullato la condanna di Peter Sullivan, 68 anni, che aveva trascorso 38 anni in carcere per l’omicidio di Diane Sindall, avvenuto nel 1986. La decisione è stata presa dopo che nuove analisi del DNA hanno escluso la sua presenza sulla scena del crimine, identificando invece un profilo genetico sconosciuto.

La condanna? Basata su prove deboli

Sullivan fu condannato nel 1987 principalmente sulla base di una confessione ottenuta senza la presenza di un avvocato e di prove forensi oggi considerate inaffidabili, come l’analisi dei segni di morsi. Nonostante avesse sempre proclamato la sua innocenza, le sue richieste di revisione del caso furono respinte per decenni.

Il ruolo del DNA

Nel 2021, la Criminal Cases Review Commission ha riaperto il caso grazie a nuove tecnologie di analisi del DNA. I test hanno rivelato che il DNA trovato sulla scena del crimine non apparteneva a Sullivan, ma a un individuo non identificato. Questa scoperta ha portato all’annullamento della condanna e alla liberazione di Sullivan dopo quasi quattro decenni di detenzione.

Le implicazioni legali

Il caso di Sullivan evidenzia l’importanza delle tecnologie forensi moderne nel sistema giudiziario. La sua assoluzione solleva inoltre interrogativi sulla necessità di riforme per prevenire simili errori giudiziari in futuro. Inoltre, impone una maggiore attenzione sulla questione del risarcimento per le vittime di ingiusta detenzione.


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