È dalla data del match tra Inter e Napoli che l’Italia calcistica ha atteso di conoscere quale sorte sarebbe spettata al calciatore dell’Inter Francesco Acerbi.
L’accusa, infatti, era molto grave: quella di aver utilizzato una terminologia non adatta a uno rettangolo di gioco, discriminando un altro giocatore (Juan Jesus, calciatore del Napoli) in ragione del suo colore di pelle.

A seguito di accertamenti istruttori disposti dalla Procura Federale, lo scorso 26 Marzo, si è pronunciato il Giudice Sportivo sulla questione.
Alla luce dei verbali di audizione dell’interista e del calciatore del Napoli, le registrazioni dei colloqui fra arbitro e sala VAR, il giudice sportivo ha ritenuto non colpevole il difensore Acerbi. Decisione presa in base al fatto che “il contenuto discriminatorio” delle offese è stato percepito eslusivamente dal giocatore offeso. Lo stesso giudice afferma anche che “è sicuramente compatibile con l’espressione di offese rivolte, peraltro non platealmente e non disconoscendo il loro tenore offensivo e minaccioso […]”. Il giudice sportivo della Lega Serie A, nella sentenza afferma che “[…] la condotta razzista deve essere sanzionata con la massima gravità ma deve essere corrispondentemente assistita da un benché minimo corredo probatorio o quanto meno da indizi gravi, precisi e concordanti in modo da raggiungere al riguardo una ragionevole certezza […]”.

Nei fatti, quindi, è mancato il livello minimo di ragionevole certezza circa il contenuto discriminatorio dell’offesa che sarebbe stata recata.
La sentenza ha restituito l’immagine plastica del dibattito intorno al cosiddetto garantismo, e delle discussioni intorno al suo funzionamento. Anche se, purtroppo, prima che si esprima il giudice, quasi sempre l’opinione pubblica si veste da giuria – assolutamente illegittima – ed emette una sentenza (quasi sempre di condanna), l’idea fondamentale è che nessuno sia colpevole fino a prova contraria. Un’applicazione che da molti è stata contestata alla radice nel caso di specie, ritenendo bastante la denuncia dell’accusatore (Juan Jesus) in assenza di prova TV e giudicando fuori luogo il richiamo al garantismo in situazioni del genere.

E allora, la domanda è d’obbligo e resta inevasa: il caso Acerbi è stato davvero un esempio di garantismo?


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