Se il proprietario di un cane non denuncia lo smarrimento del proprio amico a quattro zampe, non può essere condannato per abbandono di animale: è quanto stabilito in una sentenza della terza sezione penale della Corte di Cassazione, pubblicata il 18 aprile.
Protagonista della vicenda – avvenuta tra la Puglia e la Calabria, nei pressi di Cosenza – un uomo che, dopo il ritrovamento dell’animale (a 200 chilometri da casa), ha rifiutato di riprenderselo.
Prima, ha imputato la responsabilità ai limiti imposti agli spostamenti da una Regione all’altra durante il periodo della pandemia. Poi, alle gravi condizioni economiche, che non gli avrebbero permesso di pagare le rette mensili del ricovero nel canile. Da qui la condanna per abbandono di animale d’affezione della Corte d’Appello.
Ora la sentenza della Cassazione, che annulla la precedente. Secondo i giudici di Roma “il fatto non è previsto dalla legge come reato, avendo solo potenziale rilevanza amministrativa”.
Inoltre, “il reato di maltrattamento di animali, nemmeno sotto la forma dell’abbandono, la consegna di un cane presso le strutture comunali di ricovero preposte, atteso che gli animali ricoverati non possono essere soppressi né destinati alla sperimentazione, e che agli stessi, nell’attesa della cessione ai privati, vengono assicurate le necessarie prestazioni di cura e custodia”.
Gli animalisti hanno contestato ferocemente la sentenza, denunciando il fatto che la pronuncia apra scenari da incubo: in questo modo sarebbe infatti possibile disfarsi di animali d’affezione, fingendo di averli persi, e rimanere impuniti. Una strada semplice, e priva di conseguenze, per un atto spregevole e – altrimenti – vietato dalla legge.
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