Nella Terra dei Fuochi viene violato il diritto alla vita

Una pronuncia di grande rilievo – sulla base del principio di precauzione – è arrivata dalla Corte europea dei diritti umani, chiamata a esprimersi su un argomento che purtroppo, da molti anni, rimane ai margini del dibattito pubblico: il dramma della Terra dei Fuochi.

Il diritto alla vita

La Corte, che ha accolto parte dei ricorsi presentati a Strasburgo da residenti e associazioni, ha riconosciuto quello che a lungo, purtroppo, è stato negato: chi abita nella Terra dei Fuochi – l’area tra Napoli e Caserta inquinata per decenni dalla criminalità organizzata e caratterizzata da rifiuti tossici, discariche abusive e roghi nefasti ma impuniti – ha subito una violazione del proprio diritto alla vita, messa a rischio in modo “sufficientemente grave, reale e accertabile“, che può essere qualificato come “imminente“, dalle autorità italiane. La loro responsabilità, infatti, è quella di non aver saputo contrastare l’emergenza, in un territorio flagellato – come certificato dagli studi più credibili – da un’impennata di patologie indotte e decessi.

Lo Stato, per sottrarsi al suo dovere di protezione nei confronti degli abitanti, non poteva trincerarsi dietro il fatto che non potessero essere accertati gli effetti precisi che l’inquinamento avrebbe potuto avere sulla salute dei cittadini

Due anni di tempo

Le istituzioni, quindi, sono state condannate “senza via di scampo” per aver colpevolmente trascurato una vicenda così grave. Ora però devono invertire la rotta: l’Italia ha due anni per introdurre misure concrete (tra cui “istituire una commissione di controllo indipendente, che comprenda membri liberi da qualsiasi affiliazione istituzionale con le autorità statali“, e altre attività utili a mappare il fenomeno e procedere alla decontaminazione dei siti contaminati) e finalmente capaci di contrastare l’emergenza.


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