“Il Covid non è un infortunio”: e l’assicurazione si riprende i soldi

Ribaltando la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Bologna ha stabilito che una donna, vedova di un uomo deceduto per le conseguenze del Covid a marzo 2020, dovrà restituire 200mila euro all’assicurazione che era stata condannata a pagare il premio. L’uomo, impiegato in una concessionaria di automobili, era assicurato con una polizza infortuni. Il Tribunale di Parma aveva accolto le richieste del legale della famiglia, riconoscendo il diritto all’indennizzo previsto.

La decisione

La Corte ha però come detto rovesciato completamente la sentenza, affermando che l’infezione da virus non può essere equiparata a un infortunio, poiché non deriva da una “causa violenta”. La donna, oltre a restituire il premio ricevuto, è stata condannata al pagamento delle spese legali. I giudici hanno precisato che, sebbene l’infezione possa avere effetti violenti sull’organismo, non rientra nella nozione di evento esterno e improvviso tipica dell’infortunio assicurativo.

Le conseguenze

La sentenza apre un nuovo fronte interpretativo su come le polizze vita e infortuni trattano eventi eccezionali come la pandemia. Per la vedova, madre di due figli minori, resta la possibilità di ricorrere in Cassazione per chiedere un ulteriore esame della vicenda. Oltre agli aspetti legali, il caso però mette in luce il peso umano di decisioni che toccano famiglie già provate dal lutto: quando la giustizia interviene su eventi nati dal dolore collettivo, il confine tra norma e sensibilità diventa sottile, e la ricerca di equilibrio tra diritto e umanità appare più necessaria che mai.


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