Lo stato di estrema indigenza in cui versava la donna è subito emerso agli occhi dei carabinieri intervenuti – secondo quanto riferito, la donna era malnutrita e in condizioni di estrema debolezza – ma non del supermercato coinvolto, che ha deciso di insistere sulla strada penale. In tribunale, la difesa ha chiamato in causa lo stato di necessità che, di fatto, esclude la sanzione penale:
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Niente da fare nei primi due gradi di giudizio: sia il tribunale di Monza che la Corte d’Appello di Milano avevano dato torto alla difesa, confermando la condanna. In particolare il giudice di secondo grado aveva condannato la donna a 4 mesi di reclusione e a 100 euro di multa.
I legali di quest’ultima hanno però impugnato la sentenza d’appello in Cassazione per violazione di legge, difetto di motivazione e argomentazione errata e illogica.
La Suprema Corte si è pronunciata con la sentenza n. 40685, confermando che nella vicenda non ci sono i presupposti dello stato di necessità:
non potendosi sovrapporre, come rilevato dalla Corte territoriale, uno stato di bisogno determinato dalle condizioni di indigenza e di assenza di stabile dimora con i precisi requisiti di cui all’art. 54 cod pen. Difetta invero qualsivoglia allegazione in ordine alla natura del tutto involontaria della situazione predetta, nonché il requisito della inevitabilità del danno grave e irreparabile.
I giudici di piazza Cavour hanno però riconosciuto il degradamento del reato in furto minore, che prevede sanzioni più miti (art. 626, “Furti minori”).
Nel provvedimento si trova infatti scritto che:
Il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno; ne consegue che, per far degradare l’imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa.
La Suprema Corte ha annullato la sentenza di secondo grado e rinviato il caso ad altra sezione della corte d’appello di Milano per un nuovo esame. A quest’ultima ha anche imposto che la valutazione dello stato di bisogno tenga conto delle circostanze concrete.
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