Usa il congedo parentale per svolgere un altro lavoro: licenziato!

Attenzione a utilizzare in modo troppo disinvolto il congedo parentale: una sentenza – la n. 2618 della Corte di Cassazione – riassume con chiarezza i rischi, e le possibili conseguenze, che derivano da uno sviamento di questo istituto. Nato – con l’art. 32 d. lgs. n. 151/200 – per garantire un periodo di astensione dal lavoro ai neogenitori.

Nel caso in questione, un dipendente in congedo era stato sorpreso, tramite le indagini di un investigatore, a gestire una seconda attività lavorativa – e per questo era stato licenziato dalla sua azienda. In seguito, aveva deciso di impugnare giudizialmente il licenziamento: ma sia la Corte d’Appello che la Cassazione gli hanno dato torto.

Per la Suprema Corte, infatti, se il congedo parentale è un diritto potestativo del dipendente, rispetto al quale la posizione del datore è di mera soggezione, questo impone alla collettività dei costi sociali ed economici significativi. E tali da giustificare – come ben riassunto in questo articolo – “una valutazione particolarmente rigorosa, sotto il profilo disciplinare, della condotta del lavoratore che si sia sostanziata nello sviamento dalle finalità proprie dell’istituto e nell’utilizzazione strumentale dello stesso“.

Gli effetti concreti della pronuncia riguardano una molteplicità di casi: oltre ai rapporti di lavoro, basti pensare alle questioni condominiali e alle controversie legate a separazione e divorzio.


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