Per l’Europa, una scissione societaria non può essere un modo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti compiuti da un’impresa, a spese dello Stato. Con una sentenza storica è stata infatti condannata LivaNova PLC (quotata al Nasdaq) a bonificare gli storici siti chimici italiani di Brescia, Torviscosa (Udine) e Colleferro (Roma). Siti ex Snia, poi Sorin, fusasi nel 2015 con l’americana Cyberonics di Huston – dando vita appunto a LivaNova PLC, multinazionale del settore medicale registrata in Inghilterra e Galles – inquinati, al punto da rappresentare “un cancro” nelle parole del Procuratore capo di Brescia, Francesco Prete.
Lungo e complesso l’iter legale della vicenda. La Corte di Appello aveva condannato LivaNova PLC al risarcimento dei danni ambientali provocati dalla Caffaro, ribaltando la pronuncia del tribunale di Milano, che aveva invece respinto tutte le domande del ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, del ministero dell’Economia e delle Finanze e della Presidenza del Consiglio dei ministri. A quel punto, la società aveva scelto di ricorrere in Cassazione: quest’ultima aveva quindi rimandato la decisione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea, da cui è arrivata la decisione che pone fine alla diatriba.
Si legge infatti nella sentenza:
“L’articolo 3, paragrafo 3, lettera b), della sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato [CEE] e relativa alle scissioni delle società per azioni, deve essere interpretato nel senso che la regola della responsabilità solidale delle società beneficiarie enunciata da tale disposizione si applica non soltanto agli elementi di natura determinata del patrimonio passivo non attribuiti in un progetto di scissione, ma anche a quelli di natura indeterminata, come i costi di bonifica e per danni ambientali che siano stati constatati, valutati o definiti dopo la scissione di cui trattasi, purché essi derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione”.
Insomma, per il provvedimento 642/24 – pur nella complessità della giurisprudenza sulle scissioni di società e sull’iscrizione dei bilanci in passivo – un fatto è chiaro: “la scissione societaria non può essere un mezzo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti commessi da un’impresa, a spese dello Stato o di altri soggetti“.
Da qui la condanna di LivaNova PLC a risarcire i territori e le comunità che hanno subito il danno ambientale: la somma complessiva è di €453.587.327,48 per i tre siti di Brescia, Colleferro e Torviscosa, come stabilito dai periti nominati dalla Corte di Appello italiana.
Questa sentenza, evidentemente, rappresenta un precedente fondamentale: essa riafferma un principio di assoluto buon senso – chi inquina paga – inchiodando le aziende alle proprie responsabilità, anche quando la relazione con il danno originario è indiretta e deriva – anche con più passaggi – da operazioni di acquisizione e scissione societaria.
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